| Il secolo delle tragedie, delle 
            trasformazioni, delle speranze: | 
           
             
              È difficile 
                fare Storia su avvenimenti recenti. 
                Siamo convinti, infatti, che si può seriamente fare Storia 
                solo quando i fatti non hanno più i protagonisti in vita, 
                quando, cioè, le passioni sono sfocate, quando si possono 
                analizzare i fatti con freddezza e distacco.
  Ma possiamo parlare, comunque, il più 
                distaccatamente possibile, degli episodi più salienti del 
                nostro territorio nel Novecento, episodi, che. se non ci hanno 
                visto direttamente testimoni, se non tutti coinvolgono i nostri 
                ricordi personali, certamente ci sono stati trasmessi dai ricordi 
                delle persone a noi care e vicine, talvolta di essi protagoniste 
                o spettatrici.
  Ma, comunque sono vicende che evocano sentimenti, 
                impressioni, ricordi. 
                Soprattutto questi intendiamo fissare sulla carta: in futuro, 
                forse, altri, scriveranno la storia di quelle vicende, analizzandole 
                con il giudizio scientifico di chi fa' storia.
  Il Novecento è stato per la zona 
                intera, un secolo caratterizzato da una crescita sociale ed economica 
                da un lato, e da un impoverimento demografico dall'altro.  
                Tentativi di sviluppo sono ancora in orso, volti a valorizzare 
                il turismo, a mettere in maggiore rilievo le possibilità 
                economiche dell'intero territorio che sono molte e di grande valore.
  Fu un fatto traumatico a scuotere il Cicolano 
                intero nel 1915: il disastroso terremoto del 13 Gennaio, quello 
                stesso e distrusse Avezzano e la Marsica. 
                Era il mattino, poco dopo le cinque.
  La popolazione, già sveglia, si 
                preparava ad accudire al bestiame, come al solito. Il sisma fu 
                disastroso. Nel Comune di Petrella, Oiano e Collerosso furono 
                pressoché rasi al suolo. Una decina di morti restò 
                sotto le macerie di ciascuna delle due frazioni.  
                Gli altri centri del Comune furono seriamente danneggiati. A Petrella 
                si registrarono lesioni in alcune abitazioni.
  La muraglia della Rocca, rimasta in piedi 
                e ancora mostrante le finestre delle stanze dei vari piani, si 
                adagiò all'indietro. 
                Il Convento di San Rocco ebbe dei crolli irreparabili.
  Se la muraglia della Rocca, come sarebbe 
                stato prevedibile, fosse crollata verso lo strapiombo sottostante, 
                molte case di Petrella sarebbero state distrutte. E per questo 
                si gridò al miracolo. 
                I soccorsi scattarono subito. Altrove, nei vicini centri del Comune 
                di Fiamignano e, soprattutto in quelli del Comune di Borgorose, 
                le vittime erano state molte di più. Lì il disastro 
                cominciava ad assumere contorni apocalittici. Gli uomini di Petrella, 
                a cavallo, raggiunsero quel centri.
  Per Oiano e Collerosso si ricorse per i 
                soccorsi immediati all'opera delle ragazze! La popolazione si 
                sparse, terrorizzata per le campagne.  
                La stagione, fino a quel giorno non aveva mostrato la sua inclemenza, 
                ma nei giorni successivi una abbondante nevicata aumento i disagi. 
                A Petrella furono subito costruite le baracche in un terreno che 
                ancora porta questo nome.
  Ma non furono utilizzate: il "castrum" 
                possente, costruito per resistere agli eserciti, aveva resistito 
                a tale rovina. La gente poté tornare nelle case. 
                A Oiano, invece, le baracche asismiche sono visibili ancor oggi 
                - sono dette "casette" - anche se molte di esse trasformate 
                in case.
  Si pensò poi alla ricostruzione 
                che giunse lenta, al rinforzo delle case, attuato tra il 1922 
                ed il 1929, anche con interventi discutibili. 
                Il palazzo che era stato dei Mareri nei pressi della basilica 
                di S. Maria, ebbe chiuse tutte le finestre ad arco. Finestroni 
                con archi a tutto sesto furono richiusi in costruzioni di via 
                Rocca Cenci. a Staffoli il campanile fu abbassato, trasformando 
                le monofore a tutto sesto in finestroni rettangolari. 
                Subito si passò ad istituire una giornata per ricordare 
                l'avvenimento.
  Gli abitanti di tutti i centri, compresi 
                quelli del Comune di Fiamignano, decisero di istituire, il 13 
                Genúaio una festa in onore di S. Emidio, il Vescovo e Martire 
                di Ascoli Piceno, patrono dei terremotati, che si sarebbe dovuta 
                celebrare ogni anno a Petrella, centro meno colpito. 
  Fu acquistata la statua del Santo, che 
                fu trionfalmente portata qualche mese dopo a Petrella con un carretto 
                dal portalettere del luogo, Sabatino Fiori, cosa che ancora è 
                da tutti ricordata e oralmente tramandata. i primi anni la festa 
                fu molto sentita e tuttora è solennemente celebrata con 
                una processione, la domenica più vicina al 13 Gennaio, 
                giorno in cui si tiene una fiera.
   La celebrazione conclude a Petrella le 
                celebrazioni natalizie 
                Ma dopo il terremoto un altro periodo difficile doveva ancora 
                una volta coinvolgere le popolazioni. Con lo scoppio della I Guerra 
                Mondiale anche i giovani dei nostri centri partirono per difendere 
                la Patria.
  Partivano cantando, e dal 1917, partivano 
                i diciassettenni. Molti non tornarono! Provenienti da regioni 
                montane, i nostri giovani combatterono sulle aspre cime alpine, 
                così diverse dai verdi declivi coperti di faggeti delle 
                loro montagne. Molte le foto che documentano i loro brevi ritorni 
                per le licenze.
  La guerra significò localmente anche 
                privazioni, talvolta fame, e, dopo la guerra, giunse l'epidemia 
                di febbre spagnola. Molte famiglie furono falcidiate dal morbo. 
                Molti giovani scomparvero. Le vittime dell'epidemia furono superiori 
                a quelle della guerra.
  L'arrivo del Fascismo creò in tutta 
                Italia una nuova situazione che anche a Petrella fu sentita. La 
                presenza in loco di Eligio Maoli, che si legò a Mussolini 
                non politicamente, ma personalmente, con una accorta politica 
                che lo portò a divenire "compare" del Duce per 
                aver fatto da padrino ad uno dei suoi figli, inserì la 
                realtà locale nel nuovo stato di cose.
  Nacquero le sezioni fasciste, ma la popolazione 
                recepì il Regime come aveva supinamente accettato altri 
                governi. 
                Concreta, poco propensa e preparata alla politica, essa si adagiò 
                nel nuovo stato di cose, accettandone soprattutto la restaurazione 
                dell'ordine e la tranquillità che esso garantiva. 
  Manifestazioni patriottiche costellarono 
                la vita locale, feste degli alberi, befane, saggi ginnici, ravvivarono 
                quei tempi, inserendo anche i nostri paesi nel più ampio 
                contesto nazionale. 
                Non mancarono neppure momenti di "gloria". Nell'inverno 
                del 1929, il comm. Eligio Maoli portò a Petrella Donna 
                Rachele Mussolini. La piazza della Porta Orientale e la via che 
                porta al Palazzo Maoli, si presentarono per l'occasione gremite 
                di folla.
  L'ospite giunse in macchina e restò 
                un'intera giornata nel Palazzo dei suoi ospiti. All'uscita una 
                calorosa ovazione popolare le rese omaggio. 
                Ma, se pure era venuta a Petrella, Donna Rachele non vide Petrella.
  Nessuno pensò a farle visitare il 
                paese, a farle percorrere le strade caratteristiche.... Eppure 
                nel 1919 era venuto Corrado Ricci e, nel suo libro su Beatrice 
                Cenci aveva scoperto Petrella e le sue bellezze. 
                Ma l'episodio restò isolato. Nessuno penserà per 
                anni a valorizzare ciò che meritava di essere valorizzato.
  Gli esponenti della classe politica locale, 
                orgogliosi del loro "casato" - le virgolette sono d'obbligo 
                - ignoravano e preferirono ignorare ciò che nel territorio 
                esisteva di valido, di pregevole di artistico o di interessante. 
                E fu un'occasione perduta, una delle tante....
  Nel 1927, intanto, Petrella e l'intero 
                Cicolano, avevano cessato di far parte dell'Abruzzo per essere 
                aggregati alla nuova Provincia di Rieti. 
                Intanto, gradualmente, la basilica di S. Maria della Petrella, 
                detta anche SS. Annunziata, comincia, a partire dal 1929, ad essere 
                sostituita nelle sue funzioni dalla Chiesa di S. Andrea. 
  La popolazione vi si adattò a malincuore, 
                nonostante i restauri che la famiglia Maoli aveva messo in atto 
                a S. Andrea, dove statue moderne avevano sostituito le pregevoli 
                tele delle cappelle.
  All'inizio del 1920 era crollata anche 
                la Chiesa di S. Caterina, scomparendo dal contesto locale. Divenuta 
                privata, dopo aver fatto parte del complesso dell'Ospedale omonimo, 
                il piccolo tempio, non restaurato, dissestato dal sisma, non resse 
                ai segni del tempo. Nessuno pensò alla sua ricostruzione 
                e di essa si è ormai persa anche la memoria tra la popolazione.
  Le processioni continuarono ad uscire dalla 
                chiesa Madre, ma ancora per poco. Lavori di restauro del vecchio 
                tempio erano urgentissimi, ma nessuno era in grado di finanziarli. 
                Alla fine la vetusta basilica fu chiusa. Solo il giorno delle 
                Palme, si riapriva per la distribuzione dei rami d'ulivo, quasi 
                un augurio di un prossimo ritorno a vivere.
  Nel frattempo, per opera del comm. Eligio 
                Maoli e di sua moglie Anna, era stata costruita una moderna e 
                funzionale "Casa dei bambini", scuola all'avanguardia 
                per quel tempi, dal momento che seguiva il metodo Montessori, 
                un vero fiore all'occhiello per tutto il Cicolano, che, fu gestita 
                dalla stessa famiglia Maoli e guidata dalla valida signorina Barbara 
                Capucci.
  Mai come allora si sentì la necessità 
                di un uomo coraggioso, che amasse il suo paese e che fosse cosciente 
                delle sue reali possibilità di crescita. 
                La Provvidenza sembrò sovvenire a questa necessità 
                quando tornò a Petrella come Parroco, Don Onorio Pace, 
                proveniente dall'Ordine dei Frati Minori.
  Il nuovo parroco, si mise subito di gran 
                lena al lavoro, per valorizzare il suo paese, anche attraverso 
                un'opera pastorale notevole. 
                Cominciò con il Santuario di Santa Maria Appari, ma la 
                sua opera fu preziosa anche nel regolare le antichissime tradizioni 
                religiose locali, nell'organizzare la Parrocchia in modo da divenire 
                esempio di organizzazione nella zona.
  A lui va anche la nostra gratitudine per 
                la formazione e per l'amore per Petrella e per la sua zona tutta 
                che ha saputo trasfonderci. 
                Nel 1940 un altro evento traumatico venne a turbare il territorio.
  Per la costruzione del bacino idroelettrico 
                del Salto, le frazioni di Borgo San Pietro, Teglieto e Fiumata, 
                dovettero essere abbandonate per essere ricostruite poco più 
                a monte. Il Lago, lungo 10 km e largo 1 km (700 ha e 270.000.000 
                mc), alimenta la Centrale elettrica di Cotilia (Cittaducale). 
                
  Durante i lavori per la costruzione della 
                poderosa diga (alta 108 M), iniziata nel 1937, perirono 38 operai. 
                Nasceva il Lago del Salto, ma l'abbandono dei vecchi centri fu 
                assai doloroso.
  Soprattutto Borgo San Pietro subì 
                il trauma della perdita del vecchio centro. 
                Le memorie del Monastero della Beata Filippa, palazzetti pregevoli, 
                se non per l'arte per i ricordi che evocavano, vie dove echeggiavano 
                sentimenti e tradizioni furono sommerse dalle acque. Ed il 4 Novembre 
                del 1940, quando il Corpo ed il Cuore della Beata Filippa furono 
                traslati nel nuovo Monastero, non furono accompagnati solo dalle 
                note della banda musicale "S. Maria Apparì" di 
                Petrella Salto, ma anche dal lamento commosso di tanta gente, 
                costretta a dare Vultimo addio a cose care che mai più 
                avrebbe rivisto.
  Cambiò il paesaggio e gli abitanti 
                dei paesi sommersi e ricostruiti dovettero abituarsi a contemplare 
                solo nel ricordo la verde vallata. 
                Ora l'acqua azzurrina del lago, tacita e calma, copre quelle memorie, 
                talvolta con il blu tetro riflettente la luna nelle notti serene, 
                talvolta con il luccichio splendido delle sue brevi onde che metallicamente 
                rispecchiano i raggi del sole, talvolta con le sue brume candide 
                che, nelle giornate invernali sembrano avvolgere il tutto in candidi 
                nembi.
  E le memorie si affievolivano a poco a 
                poco nel ricordo dei più anziani, mentre i giovani Cominciavano 
                a contemplare una nuova realtà, un nuovo paesaggio, a vivere 
                una nuova vita, idealizzando, forse, il ricordo di ciò 
                che non c'era più appreso dal padri, facendosene un'idea 
                nuova, viva solo nelle menti, ma solo un'idea, pallidamente vicina 
                ad una realtà scomparsa.
  Era già iniziata la seconda guerra 
                mondiale! Altri giovani erano partiti. Molti non sono tornati 
                ancora una volta ed in quel tempo difficile non era raro essere 
                svegliati all'improvviso dal grido delle madri, che, magari a 
                notte inoltrata, avevano appreso la notizia ferale della morte 
                del figlio, immolatosi per la Patria!
  Furono ancora tempi tristi, di lutti, di 
                privazioni, tempi in cui non restava altro che ricorrere per sostegno 
                e consolazione laddove solo poteva essere elargita, rivolgendo 
                lo sguardo affannato in alto, per chiedere l'aiuto divino.
  La popolazione di Petrella corse ancora 
                una volta al luogo dove amava consolarsi nel momenti del dolore: 
                il Santuario di Santa Maria Apparì, che, a partire dal 
                1940 fu restaurato e fu dotato, dall'opera volontaria della popolazione, 
                del viale che vi accede. e le donne furono in prima fila nell'opera: 
                la guerra, con A suo retaggio di Caduti, di prigionieri, dì 
                richiamati, le aveva rese di gran lunga maggioritarie.
   Ed allora eccole all'opera, cariche di 
                pietre e di conche d'acqua, trasporta-re il tutto dalla piazza 
                della Porta Orientale di Petrella fino al Santuario, per costruire 
                i1 ponticello, il muro del piazzale, po' restaurato nel 1981.
   Giunsero anche tempi più tristi, 
                in cui, da vicino, la gente vide la tragedia tra le mura domestiche. 
                Nel giugno del 1944 passarono per Petrella le armate tedesche 
                in ritirata. Dall'otto all'undici Giugno Petrella non vide che 
                truppe dell'ormai agonizzante Reich in transito.
   Episodi eh autentica umanità non 
                mancarono: la gente ricorda soldati germanici inginocchiati piangenti 
                nel Santuario mariano. Anche loro, individui presi nella diabolica 
                macchina della guerra, mostravano espressioni vive di una umanità 
                sofferente.
  Ma non mancarono neppure le tragedie! In 
                uno dei primi giorni della ritirata, caccia inglesi bombardarono 
                il cimitero di Campo Marino. Un soldato tedesco morì, mentre 
                si trovava a transitare nella vicina provinciale. 
                La tombe furono aperte dalle bombe, i morti portati i nuovo alla 
                vista, le croci spezzate restarono per anni poggiate sul muro 
                di cinta, neppure le memorie più care poterono essere rispettate 
                dalla guerra! Ma il peggio doveva ancora venire. 
  L'undici Giugno, dopo aver fatto saltare 
                il Ponte di ferro, i Tedeschi lasciarono Petrella, seguiti da 
                lontano da un gruppo di uomini 
                del posto. Al ponte di Roara, tra Petrella e Capradosso, la retroguardia 
                germanica si scontrò con alcuni di loro.
  Trucidati dalle mitragliatrici furono il 
                Petrellano Luigi Salini ed il Carabiniere Pietro Vagni. E fu ancora 
                lutto. Il successivo 13 Giugno, giornata cara m fasti locali per 
                la ricorrenza festiva di S. Antonio da Padova, fu un giorno di 
                silenzio e di pianto. La devozione antichissima si manifestò 
                con tacite preghiere, bagnate di pianto, nella cappellina di S. 
                Antonillu alla Rocca. Molti mancavano all'appello: morti, prigionieri, 
                dispersi.
   Il dolore toccava ogni famiglia e fu per 
                questo che il silenzio ed il raccoglimento furono i protagonisti 
                di quella giornata festiva 
                La ricostruzione non fu facile. Il ritorno dei reduci riapriva 
                le piaghe nel cuori dei cari di coloro che non tornarono. In voto 
                del loro ritorno, i salvati da tale immane disastro vollero offrire 
                in ricordo una artistica statua di S. Antonio da Padova alla loro 
                Parrocchia.
  La statua lignea, posta su un pregevole 
                trono, sostituì le altre immagini del Santo esistenti, 
                anch'esse cariche di storia, anche se la nuova fu espressione 
                di gratitudine e segno tangibile del ricordo di un grande momento 
                di dolore. 
                A poco a poco il tempo passava. Ricominciavano a riprendere vita 
                le antiche tradizioni, mentre il benessere cominciò ad 
                invadere anche il nostro territorio.
  Anche l'Amministrazione comunale uscì 
                dal guscio grigio e cominciò ad investire in servizi e 
                strutture: reti idriche, fognature, edifici scolastici, di cui 
                notevole quello delle elementari di Petrella, inaugurato nel 1957.
  Poi il piano Fanfani, che permise la costruzione 
                della strada per la montagna, l'edificio delle Scuole Medie, l'attenzione 
                al Lago del Salto per lo sviluppo turistico, sono tutti elementi 
                che caratterizzarono l'avvio verso il futuro, incontro al quale 
                gli anni successivi spinsero le località.
  Né mancarono le ricorrenze celebrate 
                con grande solennità. Nel 1962 fu celebrato con grande 
                solennità il 4° Centenario di Santa Maria Apparì. 
                La celebrazione, attesa con grande entusiasmo da tutta la popolazione, 
                fu animata dall'instancabile Parroco Don Onorio Pace.
  Tutto funzionò alla perfezione, 
                con la presenza del Vescovo Nicola Cavanna e con l'opera delle 
                Suore Catechiste Missionarie di Gesù Redentore che, dal 
                1960, avevano aperto una casa a Petrella per la gestione della 
                casa dei bambini "Anna Maoli". 
                L'anno dopo, a conclusione delle celebrazioni, l'icona della Vergine 
                fu incoronata con due corone d'oro, offerte dalla popolazione, 
                purtroppo rubate nel 1987.
  Fu il primo sforzo verso la valorizzazione 
                delle tradizioni locali, che integre sopravvivono con il loro 
                fascino e le loro caratteristiche. 
                Iniziò un periodo di speranza. In località S. Vittoria 
                nacque un centro residenziale, primo passo verso la valorizzazione 
                della montagna. 
                Ma, decisivi per l'intero territorio, furono gli anni Ottanta.
  Si cominciò con attività 
                culturali partite da Petrella, dopo l'arrivo di Don Luigi Tosti 
                come nuovo Parroco, con la ripresa degli interventi sul Santuario 
                di S. Maria Apparì e con la ricerca storica condotta dal 
                Di Flavio per continuare con la pubblicazione di cui questo lavoro 
                non è che la seconda edizione, volta a riscoprire la Storia 
                locale. seguì il primo Convegno di studi sulla Storia e 
                le tradizioni di Petrella Salto e Cicolano, tenutosi nel 1981 
                126 .
   L'anno dopo, sull'onda dell'entusiasmo 
                per la riesumazione, nel corso dei lavori di restauro in Santa 
                Maria della Petrella, del corpo di Francesco Cenci, avvenimento 
                che portò Petrella all'attenzione della stampa e dei mezzi 
                audiovisivi nazionali, si tenne il Convegno di Studi su "Beatrice 
                Cenci, Storia e leggenda" e, nel 1987, il Convegno di Studi 
                sulla religiosità popolare a Petrella Salto e nel Cicolano 
                dal secolo XVI al giorni nostri.
  Accanto ad ogni Convegno una mostra fotografica 
                o documentaria, organizzata dalla Pro Loco, l'Associazione che 
                dà impulso, grazie all'opera volontaria generosamente prestata 
                da alcune persone, a tutta l'attività locale.
  Così, anche con conferenze, mostre 
                d'arte, dibattiti, incontri, si riscoprì il passato, la 
                Storia e le tradizioni locali.  
                E Petrella diede alla stampa pubblicazioni di prestigio, ricercò 
                nelle immagini la vita passata, quasi per fermare sulla carta 
                e mettere a disposizione di tutti, un patrimonio di umanità, 
                perché fosse tramandato ai posteri. Gli avviati restauri 
                alle due chiese monumentali del centro storico petrellano, diedero 
                un contributo valido a sensibilizzare le masse alla tutela dei 
                valori tramandati dagli antenati.
  Dopo il capoluogo si mossero le frazioni: 
                San Martino è riuscito a valorizzare la tradizionale attività 
                della raccolta del tartufo, Oiano ha valorizzato la sua festa 
                patronale, a Borgo San Pietro le Clarisse hanno allestito un pregevole 
                museo e promosso un Convegno di Studi sulla Beata Filippa, realizzando, 
                al tempo stesso, una magnifica sala teatrale; segni di risveglio 
                mostrano Staffoli, Offeio e Capradosso in una nuova presa di coscienza 
                che, superate le antiche anacronistiche rivalità, promuova 
                un serio sviluppo per l'intero Comune. 
                Una trattazione a parte meritano le manifestazioni di grande valore 
                che si svolgono in occasione di particolari ricorrenze, perpetuando 
                una tradizione che ravviva di tanto in tanto ogni località.
  Notevoli sono le manifestazioni a Petrella 
                per la Settimana Santa, che ha inizio con la Domenica delle Palme, 
                giorno in cui, dopo la distribuzione dei rami d'ulivo nella Basilica 
                di Santa Maria, si muove la Processione liturgica che percorre 
                il Centro Storico, creando effetti ed immagini di notevole solennità, 
                per raggiungere la Chiesa di S. Andrea per le celebrazioni della 
                giornata.
  Il Venerdì Santo è celebrato 
                con una Processione che si svolge di sera, dopo la Liturgia della 
                Passione. 
                Risalente al Medioevo, si presenta originale nel costumi del "Cireneo" 
                e delle "Maddalene" e nelle laudi che vengono cantate 
                mentre il sacro corteo con il Cristo Morto e l'Addolorata, si 
                addentra nelle calli e sotto gli archi di Petrella.
  Ma, se questa manifestazione ha il suo 
                fascino ed il suo "pathos" collegata alla ricorrenza, 
                festosa è la Processione del Corpus Domini, che attraversa 
                quasi l'intero Centro storico su un variopinto tappeto floreale, 
                preparato in gara artistica tra rioni.
   Della festa di S. Maria Apparì, 
                importantissima, si è già detto altrove, come pure 
                altrove si è parlato di quella di S. Emidio e di S. Antonio 
                da Padova. Solennissima è sempre la festività dell'Assunta 
                e di San Rocco il 15 e 16 Agosto, resa interessante, oltre che 
                dalle varie manifestazioni ricreative, dal tradizionale ballo 
                della Pantasima e, ancora assai sentita, l'antichissima festa 
                della Madonna della Misericordia, l'ultima domenica di Settembre, 
                un tempo, la più solenne di Petrella.
  Notevoli anche le ricorrenze delle frazioni: 
                il 16 Febbraio, quella di S. Filippa, sempre affollata, a Borgo 
                San Pietro, in Maggio la patronale di Fiumata, in onore di San 
                Michele Arcangelo, quella di Borgo San Pietro, in onore di San 
                Pietro, alla fine di Giugno, di Olano, il 10 Agosto in onore di 
                San Lorenzo, di S. Martino, in onore della Madonna degli Angeli, 
                all'inizio dello stesso mese, di Offeio in onore di S. Bartolomeo, 
                la seconda metà d'Agosto, della Grotta di S. Filippa a 
                Mareri, di Capradosso, in onore della Madonna e di S. Antonio, 
                all'inizio del mese di Settembre, di Staffoli, la seconda domenica 
                dello stesso mese, in onore della Madonna della Quercia e di S. 
                Antonio.
  Sono ricorrenze che ravvivano i vari centri 
                e che costituiscono un momento di aggregazione per le popolazioni, 
                giorni di gioia e di serenità in cui tutti, tornando al 
                paese d'origine, rivivono sensazioni del passato. Anche le feste, 
                infatti, sono un segno della voglia di vivere per questi paesi 
                cosi ricchi di tradizioni.
  Concludiamo, pertanto, questo nostro modesto, 
                ma, speriamo utile, lavoro con la viva speranza che le popolazioni 
                contribuiscano a dare nuova prosperità alla zona, facendo 
                loro superare 
                il periodo di decadenza demografica che l'urbanizzazione incessante 
                ha provocato; e con l'augurio che, per ogni paese e per le più 
                remote contrade, si avvii un futuro fecondo e carico di soddisfazioni, 
                un futuro che veda germogliare generazioni pregne di umanità 
                e di grandi valori, un futuro che consegni alla "Storia" 
                protagonisti di un mondo migliore.  
              
             
			 
              Testo a cura di Henny Romanin. 
             
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