Comune di Leonessa
La Chiesa di San Francesco:
Per una dizione più corretta bisognerebbe parlare di "Chiese" di San Francesco, in quanto è bene precisare subito che il complesso è costituito dalla Chiesa superiore del 1400 circa, e di quella inferiore del 1281-1285, da 7 anni oggetto di una intensa e fruttuosa opera di restauri.

E' indiscutibilmente la Chiesa più antica ed interessante del Reatino, grazie anche alle connessioni delle parti di pertinenza dei Conventuali Francescani e delle parti della antica Confraternita di Santa Croce, che tutt'ora le gestisce e ne cura manutenzione ed abbellimenti.
L'annesso Convento di San Francesco fu soppresso nel 1809 da Gioacchino Murat, Re di Napoli, in conseguenza delle famose leggi Napoleoniche.
Cronologicamente la costruzione di questo vasto complesso è andata avanti all'inizio piuttosto lentamente a causa delle scarse disponibilità economiche e dell'Ordine Mendicante Francescano della Confraternita stessa.

Ricordiamo che gli ordini Mendicanti maggiori e che vivevano di sole elemosine erano costituiti dai Domenicani, dagli Agostiniani e dal Francescani.

La Chiesa, che fino ad epoca recente dipendeva dalla Diocesi di Spoleto, anticamente faceva parte della Custodia Regni, nella provincia umbra di San Francesco.
Chiesa di San Francesco
La Chiesa, che fino ad epoca recente dipendeva dalla Diocesi di Spoleto, anticamente faceva parte della Custodia Regni, nella provincia umbra di San Francesco.
Da pochi anni - come si diceva - entrambe le Chiese stanno recuperando il loro antico splendore grazie all'opera congiunta della Soprintendenza ai Monumenti del Lazio (Che ne ha curato soprattutto le opere architettoniche) e della Confraternita che cura a proprie spese soprattutto il restauro delle opere pittoriche.

Anche le Chiese di San Francesco sono state duramente colpite dai vari terremoti che si sono via via succeduti nei 700 anni dalla loro costruzione: i più rovinosi sono stati quelli del 1298, 1315, 1454, del 1639, del 1703 ed ultimo quello del 1979.

Non dimentichiamo che Leonessa è zona sismica, però ha imparato a convivere con questa forza bruta della natura, utilizzando vecchie e nuove tecniche strutturali.
La Chiesa Superiore di San Francesco è poi particolarmente interessante non solo per le varie opere d'arte che conserva gelosamente, ma per tutta una serie di atipie strutturali - di cui parleremo - alcune delle quali sono di non facile interpretazione.
  • Facciata
    Già osservando bene la facciata della Chiesa superiore notiamo delle asimmetrie che ci fanno pensare subito a delle epoche costruttive differenti, riferentisi soprattutto alle due navate laterali, eguali tra loro per altezza, ma diseguali per larghezza: la sinistra misura m. 4,70 mentre la destra m. 5,90.
    L'aspetto generale è quello tipico romanico-abruzzese con le tre navate che terminano in alto a coronamento orizzontale. La facciata è in rettangoli di pietra rossa locale "mandorlata" di bianco che interessa l'intera superficie, tranne una fascia di nove filari di pietra bianca, posti all'altezza della terminazione del portale, al di sopra del quale vi è un grande oculo, senza rosone, probabilmente distrutto dal sisma del 1703.

    Il portale, anche se necessita anch'esso di un adeguato restauro, è di elegante fattura. Presenta una strombatura piuttosto profonda con colonne, alcune lisce altre lavorate. L'arco è a sesto acuto, sempre in pietra rossa. L'architrave (di recente restaurato) presenta una triplice scultura ad altorilievo con al centro un Agnello crucigero e lateralmente - anche se non equidistanti - due leonesse. Al di sopra vi è un affresco di scarsa importanza.

    La facciata sembra essere stata terminata all'inizio del 1500, anche se vi è da osservare che a sinistra dell'oculo vi è una pietra bianca quadrangolare sulla quale è scolpita la data del 1522, forse l'epoca di un restauro effettuato da Antonio d'Antonio di Cola Piovano.
    Le due navate laterali sono senz'altro di costruzione più tardiva rispetto alla nave centrale.

    La destra è di larghezza superiore alla controlaterale - come abbiamo detto -. Questo aspetto singolare è inoltre reso ancor più interessante dal fatto che costruttivamente una differente cornice di base permette un arretramento di 10 cm. rispetto al filo di facciata, arretramento che a metà altezza, grazie ad una cornice un po' differente da quella di base, permette un simmetrico avanzamento riportando a filo la facciata.

    L'ala di sinistra è più stretta di 120 cm., ma nasce allineata alla parte centrale.
    Che significato dare a queste atipie? E' probabile che la Chiesa nasca a navata unica centrale, giusta l'architettura mendicante nel periodo del suo massimo sviluppo (sec. XIII - XIV).

    Anzi è abbastanza logico che essa inizi come "Chiesa-fienile" di derivazione umbro-toscana (non dimentichiamo che Leonessa pur essendo il baluardo settentrionale del Regno delle Due Sicilie, ha mantenuto sempre contatti artistici con l'Umbria e la Toscana, il che è dimostrato da alcuni caratteri dei personaggi del Presepe, e soprattutto dal pregevoli affreschi della Chiesa inferiore.

    La Chiesa-fienile realizzata soprattutto dai Francescani non poteva non essere che una Chiesa "povera" il vario è semplice, piuttosto squadrato, le pareti alte e nude, il tetto rustico o a capriate, la luce viene da alte finestre, l'altare anch'esso semplice è seguito da un abside poligonale (G. Carbonara).

    Ed è logico supporre che questa povertà e sobrietà originarle, siano poi state nel corso dei secoli modificate e arricchite. Sì che il nostro San Francesco attuale presenta l'aspetto di una Chiesa pseudobasilicale, non a nave unica, ma con due navate laterali, accorpata - nella Cappella del Presepe - alla originale Chiesa della Confraternita di Santa Croce, e con una profondità ben maggiore, terminante con tre absidi semicircolari molto alte, ben visibili dal lato esterno che denotano e provano la successiva maggiore lunghezza data alla Chiesa verso il terreno scosceso costituito dal declivio del Tasceno.

    E' probabile che questi lavori siano stati eseguiti dopo il terremoto del 1454, che stravolsero anche i locali della Chiesa inferiore dove furono creati molteplici loculi. E' forse anche di questo periodo la nuova costruzione ribassata del pavimento della Cappella del Presepe.
    Nel 1539 ebbe inizio la costruzione del campanile, rimasto poi incompleto di cuspide.

  • Chiesa Superiore
    Per entrare nella Chiesa Superiore si debbono scendere due scalini alti 45 cm, cosa veramente inusuale che denota un precedente livello esterno dell'entrata molto più basso dell'attuale. Quasi tutte le Chiese infatti sono più elevate del piano circostante.
    L'entrata nel San Francesco attuale suscita subito una profonda suggestione, soprattutto per l'eleganza della sua estrema semplicità.

    La tenue luce che entra dalle scarse finestre aumenta la sacralità dell'ambiente. Il colore chiaro giallo ocra ripristinato recentemente per cancellare i danni provocati da 10 lunghi anni (1979-1989) di infiltrazione d'acqua proveniente dall'alto in conseguenza dei restauri della copertura post terremoto, contribuisce ad apprezzarne la pura linearità dell'ambiente e poi a scoprirne i tesori nascosti.
    La nave centrale presenta una volte a botte unghiata che ha sostituito il preesistente tetto a capriate crollato, presumibilmente, nel terremoto del 1703.

    Le navi laterali invece presentano belle nervature in pietra sponga nelle prime 4 campate e cioè fino a livello delle due Cappelle laterali, dove si presume terminasse la Chiesa primitiva.
    La navata centrale presenta a sinistra 6 pilastri in pietra bianca con 6 volte; a destra invece 5 pilastri e 5 volte. Questa disuguaglianza potrebbe dimostrare l'abbattimento in tempi differenti delle spesse mura che chiudevano lateralmente l'originaria Chiesa-fienile, per costruire le due navate laterali differenti - come abbiamo detto - per larghezza.

    Un accurato studio architettonico è stato effettuato nel 1993 - 1994 da P. Ettorre e L. Levanti.
    Su questi pilastri sono ancora ben visibili degli affreschi, alcuni di buona fattura, raffiguranti un Cristo datato 1496, San Francesco, San Bernardino da Siena, ecc. Entrando a destra un bell'affresco, appena restaurato raffigura Santa Caterina d'Alessandria di autore ignoto; a sinistra invece un altro affresco - forse del Beato Domenico da Leonessa - raffigura la SS. Trinità.

    Più avanti a sinistra è stato recentemente murato il portale di una delle Chiese più antiche di Leonessa, e cioè "S. Maria extra e prope portam" subito al di fuori della Porta Aquilana, distrutta nel terremoto del 1703 e recuperata da una vendita ad un antiquario fiorentino. E' un portale meraviglioso in pietra rossa locale, recentemente restaurato.

    Presenta un arco a sesto acuto e un architrave (con la data incisa a sinistra: 1352), con al centro una scultura della Vergine in trono - purtroppo acefala - con Bambino e Angeli tra due figure oranti genuflesse e delle sculture floreali stilizzate.

    La Vergine è in marmo bianco, il che forma un elegante e significativo contrasto con il resto del portale. Il tutto ricorda il grandioso mosaico del XII-XIII secolo esistente nel catino absidale del Duomo di Morireale che mostra il Cristo Pantocratore che sovrasta la Vergine in trono tra angeli e Santi. Ed anche nel portale leonessano, all'apice di esso esiste il Cristo Pantocratore, scolpito in un cerchio che sovrasta la Vergine. Ai lati dell'architrave sono scolpite due belle torri e sopra di esse a destra Santa Caterina d'Alessandria con una veste elegantemente lavorata, e a sinistra Santa Margherita con il drago.

  • Cappella del Crocifisso
    Ancora più avanti a sinistra s'apre la Cappella del Crocefisso, con un bel Crocifisso ligneo di arte umbra (1500), molto espressivo.
    Ha le braccia snodabili a livello ascellare, si che nel pomeriggio del Venerdì Santo il Cristo viene deposto dalla Croce, vengono poste le braccia parallele al corpo e adagiato sulla antica bara esistente nella Cappella stessa e per l'occasione portata al centro della Chiesa per la venerazione dei fedeli nelle 4-5 ore che precedono la grande processione del Cristo morto.

    La bara viene portata a spalla da 64 membri della Confraternita di Santa Croce divisi in 8 gruppi che si alternano. Essi sono preceduti dalle 3 Marie e dalla Veronica, bambine di 10-12 anni che partecipano alla lunga cerimonia notturna a piedi nudi! Tornando alla statua del Cristo, essa sarebbe costituita dal Crocefisso che avrebbe parlato al Beato Corrado di Offida, portato dalla Sicilia da un certo generale Cianca per un'altra Confraternita di cui egli era membro.

    Questa però non avendo lo spazio necessario per esporla con il dovuto decoro, la diede ai Conventuali Francescani, che la posero dove attualmente si trova. Sulle pareti della Cappella sono visibili due belle tele del Viscardi del 1746, pittore reatino, raffiguranti la flagellazione e la salita al Calvario di Gesù. Pur essendo copie di analoghi dipinti del Trevisani visibili nella Chiesa romana di San Silvestro in Capite, sono di buona fattura.

  • Sacrestia
    In fondo alla navata sinistra si accede alla Sacrestia dove qualche anno fa si è scoperto un grande affresco che interessa tutta la parete di fondo, anch'esso di buona fattura, raffigurante la Crocifissione di Gesù con al lati San Francesco e Santa Chiara e datato 1574.
    Nella navata centrale al centro dell'abside si trova l'altissimo ed interessante tabernacolo ligneo della prima metà del '600, sorretto da 4 leoni in noce scolpita.

    Anch'esso è stato di recente restaurato: è costituito da tre ripiani concentrici variamente dipinti in oro, l'ultimo dei quali cupoliforme sorregge un Cristo benedicente. La superficie dei primi due ripiani è arricchita da numerosi piccoli angeli lignei dorati e da 9 edicole alte circa 40 cm che ospitano altrettante statuine lignee, la più valida delle quali, dal punto di vista artistico, è quella di San Giorgio a cavallo.

    L'antistante altare è anch'esso in pietra rossa locale sorretto da due colonnine sovrastate da bel capitelli antichi. Il tutto è di recente fattura, insieme all'ambone e al bel Crocifisso astile, frutto di spese affrontate dalla Confraternita, la quale non avendo proventi propri, utilizza i contributi offerti dagli Amici di San Francesco e dai fedeli.

    Ognuno può contribuire, leonessani e graditi ospiti, scrivendo sull'apposito libro a sinistra dell'entrata della Chiesa Superiore. L'incaricato della Confraternita, sempre presente quando la Chiesa e aperta, rilascerà eventuale ricevuta. Per chi spedisce e sufficiente indicare: "Chiesa di San Francesco", 02016 Leonessa (RI). E non si può immaginare quanto fare anche con pochi soldi, purché spesi bene!

    Cose ci siano ancora da fare! Tra le più urgenti ed importanti: nuovo pavimento della Chiesa Superiore con solaio areato (costo previsto dalla Soprintendenza nel 1993 L. 700.000.000); adeguamento impianto elettro-acustico; nuove vetrate; restauro portale d'ingresso; restauro ripiani e personaggi del Presepe; adeguamento nuovo sistema antifurto che permetta una migliore fissazione visiva del Presepe stesso; ripristino organo nella Cantoria della Cappella del Presepe; pavimento Chiesa Inferiore; ecc.

  • Cappella del Presepe
    A destra, simmetrica alla Cappella del Crocifisso, vi è la Cappella del Presepe, un tempo sede della Confraternita di Santa Croce e successivamente accorpata alla Chiesa dalla quale era totalmente divisa. Per far questo fu abbassato il pavimento - che era più alto di circa 1 m., causando i guasti della volta sottostante, ma sopratutto degli affreschi che sono stati quasi tutti decapitati.

    In fondo alla Cappella vi è il famoso Presepe, opera veramente unica, e che nel 1997 il Governo Italiano lo ritenne degno di rappresentarlo nel francobollo di Natale. È un'opera suggestiva in terracotta policroma eseguita da figuli abruzzesi, ma sicuramente con l'intervento di altri personaggi, forse Paolo da Montereale. È databile al 1501-1502.

    È interessante notare che per trovare lo spazio necessario ai 37 personaggi raffigurati che avrebbero troppo affollato un unico piano scenografico di limitate dimensioni, il Presepe è stato diviso in tre ripiani sovrapposti dando spazio al vari soggetti e regolando in modo logico e preciso la loro grandezza.

    L'opera restaurata da poco dalla Confraternita, ha restituito la bellezza originale che era andata perduta nel corso dei secoli, anche se precedenti restauri erano stati eseguiti nel 1916 e nel 1954 (G. Cultrera). Attualmente i componenti di questa vera opera d'Arte sono 37 più il bue e l'asinello.

    Nel 1916 il restauratore ufficiale, C. Cardini, riferendo alla "Regia Soprintendenza alle Gallerie" sui lavori da effettuare (e che costarono ben 755 1ire!!!) parla di 59 figure del Presepe. Non sappiamo spiegare questa differenza.
    In basso vi è la Natività con la Vergine che ha una bellezza e una grazia incredibili: è inginocchiata, ha un corsetto rosso ricamato in oro e al di sopra una lunga veste dorata con un panneggio elegantissimo.

    E' talmente bella che lascerebbe presumere la mano di validi autori umbro-toscani. Il San Giuseppe invece ha il tipico aspetto del vero contadino abruzzese.
    Un altro soggetto che si presta a delle considerazioni artistiche è il pastore inginocchiato in atteggiamento orante, il primo a destra al piano basso rivolto verso sinistra.

    Ebbene questa figura è identica, tranne che per il colore della veste, a quella che si può ammirare nella Chiesa di Santa Maria Maggiore di Spello nella Cappella Baglioni dove sono tre mirabili dipinti su tela del Pinturicchio.

    In quello che rappresenta la natività di Gesù vi è dipinto al centro, rivolto verso destra, uno stesso pastore uguale come fattezze fisiche ed atteggiamento orante. Questi dipinti del Pinturicchio sono del 1501, quindi coevi al Presepe di Leonessa.
    E non può essere un caso la profonda analogia dei due personaggi, ma vi deve essere stata senza dubbio alcuno una connessione artistica. Questo per dimostrare quanto la Leonessa del '500 fosse importante e ricca anche dal punto di vista culturale.

    Al 1° piano sono rappresentati - in dimensioni ridotte ai soggetti della Natività - i pastori ed altri personaggi a cavallo che vanno a venerare il bambino Gesù; al 2° piano vi sono - ancor più rimpiccioliti - i Re Magi, che venuti dall'oriente, vanno a visitare il Santo Bambino e a porgergli i loro doni.

    Ma è inutile proseguire nella descrizione di questo autentico e unico capolavoro artistico-religioso, perché ogni parola sarebbe insufficiente ed inadatta a dare una seppur pallida idea dell'opera.

    Il Presepe di Leonessa va visto, interpretato ed ammirato - ripetiamo - come opera d'arte unica di eccelsa fattura.
    Nella stessa Cappella si possono ammirare un San Biagio, interessantissima scultura lignea a mecca dipinta, d'arte non sicuramente abruzzese, ma forse - più probabilmente - umbro-senese. Questa statua di altezza naturale indossa una pianeta ricca di pregevoli miniature, che nella parte più alta sono disposte a formare una "T".

    Questo San Biagio Leonessano ha fatto molto discutere perché presenta alcune diversità sostanziali rispetto alla tradizionale iconografia del Santo, Vescovo di Sebaste. Storicamente si sa che il vero San Biagio aveva una lunga barba, è sempre raffigurato con un grosso pettine metallico in mano con il quale subì il martirio fu torturato ed ucciso, subendo lacerazioni delle sue carni.

    In base anche ad altri elementi, trattati con competenza in una recente rivista scientifica del 1991 riguardante la città di Leonessa nei suoi molteplici aspetti storico-artistici (Ricerche di Storia dell'Arte) si attribuisce all'opera la dizione: "Il Vescovo Santo di Leonessa" (A. M. Piemonte).

    Nella parte opposta della stessa Cappella una bella statua lignea di San Sebastiano, di origine sicuramente umbra e anch'essa di buona fattura.
    Subito dopo l'entrata nella Cappella, a sinistra, una bella cantoria in legno dipinto e dorato.

    Molte tele recentemente restaurate (bellissime: la cena di Emmaus; Caino ed Abele, S. Tommaso, ecc.) sono per il momento in visione non ordinata nella Cappella. Quanto prima si troverà un posto sicuro ed adeguato anche per loro.
    Uscendo dalla Chiesa, in fondo alla navata destra (che sarebbe poi l'inizio) è esposto un bel gonfalone processionale della Confraternita di Santa Croce, che presenta su una facciata la Crocifissione di Gesù e sull'altra la battaglia di Ponte Milvio di Costantino, con la storica scritta: "In hoc signo vinces".

  • Chiesa inferiore
    Si accede alla Chiesa inferiore scendendo per una scaletta all'angolo sud-est della Piazzetta di Santa Croce sistemata di recente. Non abbiamo trovato fino ad ora una comunicazione diretta tra le due Chiese che deve pur esservi, forse nella navata destra.

    Per questo abbiamo chiesto alla Soprintendenza la sua compartecipazione al restauro del solaio di detta navata che corrisponde, nella Chiesa inferiore, all'abside costolonata e all'ambiente che la precede attualmente piena di scheletri umani, ma senza solaio.
    Si scendono circa 3 m., perché tale è la differenza di quota tra le due Chiese. Già scendendo, a metà del dislivello, si nota sul muro perimetrale esterno un foro dei diametro di circa 1 m. richiuso qualche anno fa da pietre di colore più chiaro, facilmente riconoscibili.

    È il foro originariamente aperto nel 6° locale da chi lo aveva in uso come pollaio. Il proprietario ad un certo punto si sentì costretto a preoccuparsi più delle sue galline - mancanti di aria e di luce - che dei danni che poteva provocare e così apri questa comunicazione con l'esterno.
    I primi 5 ambienti invece fino a 50-60 anni fa erano stati dati in uso a dei fabbri-caldarari che li avevano impregnati di nerofumo, mancando una adeguata areazione.

    Ma l'ambiente più interessante dal punto di vista artistico-storico è l'ultimo (il 6°) cui si accedeva sino ad 8 anni fa attraverso una scaletta di legno che dal primo ambiente, attraverso il muro divisorio immetteva in questa immensa riserva di calcinacci e di guano.
    L'ambiente è rettangolare di circa m. 6 x 4. Doveva essere originariamente un oratorio della Confraternita di Santa Croce, nel quale si entrava anche dall'attuale piazzetta sovrastante. Aveva un altare laterale (praticamente sotto al foro) e un tabernacolo scavato nel muro, subito poco oltre.

    Adesso vi si accede dal 5° ambiente, e appena si entra si vede di fronte il grande foro praticato dall'esterno nel secoli passati, di cui abbiamo già detto. Esso interessava non solo il muro esterno, ma anche la controvolta costruita nella seconda metà del '400 per rendere più sicuro il pavimento ribassato della soprastante Cappella del Presepe.

    E così per 5 secoli furono resi invisibili gli affreschi, attualmente riscoperti e restaurati. Questo foro fortunatamente non ha causato molti danni su gli affreschi e ci ha permesso di vedere e fotografare a destra una Crocifissione e a sinistra un volto bellissimo, poi interpretato come quello della Madonna dell'Olivo . Quanto sopra ci ha lasciato presumere che tutte le pareti dovevano essere affrescate. Per poter abbattere la controvolta nella speranza di scoprire questi supposti affreschi il lavoro e stato faticoso.

    La Soprintendenza non era molto convinta: in effetti si correva il rischio di sciupare soldi, senza trovare nulla.
    Finalmente riuscimmo a convincere a venire a Leonessa il Direttore Generale del Ministero dei Beni Culturali Prof. F. Sisinni, il quale vedendo quel che si poteva apprezzare dal famoso foro si convinse della utilità dei lavoro perché ne valeva la pena.

    Fu quindi abbattuto il pavimento soprastante, la controvolta e apparve - come speravamo - tutta la parete est, quella a sud-est e quella ad ovest ricoperte di affreschi sporchi di calce, ma recuperabili cori un adeguato restauro. Ciò che facemmo a nostre spese l'anno successivo sotto la Direzione della Soprintendenza ai Monumenti del Lazio.

    Adesso questi affreschi sono visibili in tutta la loro originale bellezza: certo, alcune parti mancano, ma quel che resta è più che sufficiente a farci apprezzare il loro incredibile valore artistico e storico. E veniamo a descrivere succintamente questi ambienti.

    I primi tre, quelli più a valle, costruiti nel '500 abbiamo detto che non erano affrescati, per cui i primi due (quello d'ingresso e il successivo) sono stati ritinteggiati con lo stesso colore dato alla Chiesa; il terzo è ancora ricoperto di nerofumo. Non abbiamo preso ancora una decisione sul trattamento: vorremmo lasciare annerita una parte (forse la volta), per far notare lo stato quo ante e pulire la parte bassa.
    Questi ambienti furono adibiti dopo la loro costruzione, a monte frumentario.

    Da quest'ultimo ambiente ci si immette su quelli che rappresentano sicuramente la Chiesa inferiore del 1285, e che si trovano ad tiri livello superiore di 70-80 CM. Vediamo subito dal basso la parte esterna di un'abside grossolanamente arcuata verso il primitivo lato esterno, rivolto esattamente a levante.

    Entrando in questo ambiente notiamo che esso è coperto cori una volta a crociera, con costoloni in pietra sponga, ed abbiamo la conferma che l'ingresso che abbiamo percorso entrando è alquanto ricurvo verso l'esterno.

    È ciò che resta dell'abside di una Chiesa del XIII secolo. Di quest'antica abside sono ancora oggi visibili le due aperture a monofora che guardavano verso il Tasceno; ai lati di un loculo sotto la monofora di destra vi è il tabernacolo; nel pavimento al centro e addossato all'abside è stata ritrovata una pietra che forse costituiva la base dell'altare.

    La decorazione dell'abside, largamente restaurata, è a soggetto floreale blu su fondo chiaro con due tondi, uno con un viso maschile e l'altro con un viso femminile, di mano molto fine.
    Questo ambiente, il quale è soltanto una parte di un organismo più ampio che tuttora potrebbe ritrovarsi sotto la Chiesa superiore, o è l'originaria Chiesa di Santa Croce, od una Chiesa già esistente.

    Da notare la bella sinopia in sanguigna sull'arco, sotto la navata destra.
    Alla sinistra dell'abside si apre una nicchia, scoperta durante il restauro, decorata con una Annunciazione di fattura molto ingenua, con una prospettiva maldestra, eseguita da un pittore locale tra la fine del '400 e l'inizio del '500.

    La decorazione dei costoloni della volta è realizzata con disegni floreali e geometrici che in origine dovevano essere vivacemente colorati. Nelle vele sono visibili i Quattro Evangelisti: S. Matteo con l'Angelo, S. Giovanni con l'aquila, S. Marco e S. Luca poco riconoscibili. Ogni vela presenta due agganci tondi, che servivano chiaramente per l'illuminazione della Chiesa.

    Nell'arco che divide questo ambiente da quello successivo sono raffigurate delle persone vestite interamente di bianco con il volto coperto da un cappuccio e il flagello in mano. L'affresco e monocromo: le figure delimitate unicamente da linee rosse in parte sono in processione, in parte leggono testi sacri ed in parte si flagellano sulla schiena.

    E' possibile che questi siano i membri della Comunità dei Bianchi, movimento del secolo XIV originario della Provenza e sorto durante l'esilio Avignonese dei Papi; o i membri della Confraternita laicale di S. Croce, ancor oggi esistente, che da secoli si riunisce e ha sede nella Chiesa di San Francesco.

    Tra i flagellanti un tondo con croce rossa su sfondo bianco decorata con chiodi e flagelli simboli della passione di Cristo: è lo stemma della Confraternita di Santa Croce. La parte superiore degli affreschi che originariamente decoravano la volte a botte dell'ambiente sono andate perdute con la costruzione nel tardo 1400 del pavimento della Cappella del Presepe, come si è detto.

    Nel quinto ambiente, sulla sinistra, troviamo un giovane santo nella veste francescana, al di sopra una Madonna con il Bambino sotto il baldacchino. Più avanti un balestriere, pittura monocroma, nell'atto di lanciare una freccia. Nella parete si apre una monofora che si affacciava sulla valle del Tasceno nelle cui strombature sono raffigurate due Sante: la sinistra è Santa Chiara; nell'arco intradossale è rappresentata ancora la S. Croce. Di seguito S. Tommaso ed un Santo Vescovo con un calice in mano; di più recente scoperta Santa Giuliana e Santa Barbara, integre perché di dimensioni ridotte. Sulla piccola parete a destra S. Antonio Abate.

    Sulla parete controlaterale altri affreschi molto rovinati con figure di Santi non identificabili. Le decorazioni a stampello degli abiti dei Santi e le aureole con piccoli solchi incisi sono tecniche usate in Umbria all'inizio del '400.
    Si accede all'ultimo ambiente nel quale si entrava in epoche differenti dalla piazzetta di Santa Croce scendendo circa 2-3 m., e da due ingressi sul muro a levante (a sinistra di chi entra attualmente) a livelli differenti. li primo, più basso, era quello utilizzato fino a 8-9 anni fa e aperto dopo il 1583. L'altro, più alto, alla fine della parete, aperto dopo il 1503, proveniva dall'oratorio superiore della Confraternita.

    Entrando si nota nella parete di fronte, il famoso "foro" cui si è fatto ripetutamente riferimento e che ha distrutto il braccio destro del Cristo. In questa parete è stata affrescata la passione di Gesù in due ripiani. Il superiore è decapitato, ma è possibile leggerlo ancora sufficientemente bene.

    La pittura non è eccellente, ma diremmo abbastanza buona e probabilmente di autore umbro-senese: il volto dei personaggi sotto la Croce riesce a trasmettere un certo pathos.
    Notare gli occhi dei soldati romani tutti graffiati. Altra cosa ancor più interessante è il sanguinamento dalle ferite di Gesù, che si nota persino nella sua resurrezione, classica nella sua tipologia. Dalla sinistra di chi guarda, nel ripiano superiore è raffigurata l'ultima cena, con la parte bassa dei 6 apostoli che ci voltano le spalle macchiata verticalmente di rosso (prima del restauro erano nere).

    È la conferma che sotto vi era un altare con dei candelabri le cui candele hanno annerito la parte alta del dipinto. Poi è rappresentata la preghiera di Gesù nel Getscinani, la sua cattura, la presentazione a Caifa, la flagellazione e la derisione.
    Nel ripiano sottostante: la Crocifissione, la deposizione dalla Croce, la sepoltura, la resurrezione, e ultimo a destra il "Noli me tangere".

    A sinistra del foro, sempre nella stessa parete, vi è un affresco di buon livello pittorico, l'interpretazione del quale ci ha fatto impegnare tre anni. A nulla sono valse le visite di persone qualificate. Alla fine lo studio accurato di una storica dell'arte di Colonia, E. Bliersbach, ha fatto comprendere che si trattava della raffigurazione di un miracolo avvenuto il 2 Luglio 1399 ad Assisi, e cioè il Miracolo della Madonna dell'Olivo.

    Di questo avvenimento si hanno scarse rappresentazioni anche ad Assisi stesso, di cui una ormai illeggibile, sita nella Chiesina della Madonna dell'Olivo ed un'altra nel Monastero di Sant'Apollinare, dove è rappresentata però soltanto la Madonna che parla al contadinello.
    L'affresco di Leonessa è di ottima fattura: raffigura la città di Assisi con le mura e le due Rocche, l'uliveto dove avviene il fatto, e i due contadini, padre e figlio. Con quest'ultimo parla la Madonna che è biancovestita e con il manto ricoperto di ostie. Sopra la veste una stola bianca con croci greche rosse, simili a quelle dei Bianchi. Parla al ragazzo ordinandogli di andare dagli Assisani e dir loro di prolungare la penitenza. Sull'affresco, databile subito dopo il '400, vi è dipinta la laude N°19 del Codice Casanatense 4061.

    Tale ritrovamento è importante anche storicamente in quanto i Bianchi che nel 1399 si recavano a Roma per il quarto anno giubilare indetto da Bonifacio IX, partendo da Assisi passavano per Vallo di Nera (sempre Stato della Chiesa), giungevano per le montagne a Leonessa (Regno delle Due Sicilie), indi Rieti (Stato della Chiesa) e Roma.
    E nel giugno del 1999, dopo lunga preparazione, si è svolto un Convegno Internazionale "Sulle Orme dei Bianchi", che è iniziato ad Assisi venerdì 18.6.1999; ha interessato Vallo di Nera (dove esiste un affresco bellissimo sulla Processione dei Bianchi); Terni, Rieti, ed è terminato a Leonessa domenica 20 giugno, con un ottimo risultato, dato l'interesse dimostrato dagli studiosi Assisani primi fra tutti i Componenti dell'Accademia Properziana del Subasio.

    Tornando ai nostri affreschi, notiamo che sulla parete est, quella verso il Tasceno, vi è un terribile inferno dantesco: donne e uomini ignudi, con sopra scritto il peccato che hanno commesso, sono preda di diavoli che emettono fuoco e serpenti in quantità che cingono i dannati. Si sono potute interpretare quasi tutte le descrizioni dei peccati e dei peccatori, che ricevono una pena veramente tragica (R. Cordella).

    La parte veramente stupenda è la parete opposta, quella verso l'attuale Piazzetta di Santa Croce. I confratelli che uscivano dovevano portarsi nel cuore una visione paradisiaca. E' quanto si vede nell'affresco del Paradiso di mano veramente eccellente, sicuramente giottesca.

    Sulla sinistra sono rappresentati diversi personaggi: il primo è costituito da una donna con una bellissima veste rosa, a mani giunte, un volto con un profilo e un atteggiamento dello sguardo rivolto verso destra ed in alto, veramente affascinante. Forse si tratta di Santa Chiara. Sulla sua destra c'è una suora domenicana che ci guarda, poi San Francesco, forse San Domenico, ed infine - il più rovinato - forse Sant'Agostino. Altri personaggi con un serto di alloro sul capo potrebbero essere i grandi poeti dell'epoca: Dante, Petrarca e il Boccaccio.

    Tutti guardano verso la Città Celeste, anzi verso la Gerusalemme Celeste dato che lo sfondo del dipinto è ricco di palme. A destra di chi guarda (e a destra di quella che sembra essere una porta successivamente murata) si vede un angelo che esce da una porta socchiusa per accogliere un beato, anch'esso ignudo, che si accinge a superare la porta del Paradiso.

    L'Angelo lo accoglie e gli dà la mano, la scena è poi sovrastata da un gruppo di Angeli musicanti (da notare che nessuno ci volta le spalle) pronti a festeggiare il nuovo arrivato. Ancora più in alto si vedono due personaggi uno maschile ed un altro femminile che si affacciano, ciascuno da una finestra del Paradiso.

    Che significato dare a questa visione Paradisiaca, con affreschi - dicevamo - di natura eccellente? E' chiaro che il pittore voleva riferirsi a qualcosa di particolarmente importante. Ma ancora non abbiamo studi attendibili sull'argomento.

    Una nostra ipotesi (ma da verifica re, è chiaro) è che il tutto potrebbe rappresentare l'interpretazione pittorica del "De Civitate Dei", il capolavoro di un S. Agostino maturo (Tagaste 354 - Ippona 430) in cui esamina i rapporti tra impero romano e genere umano. E chiudiamo riportando una frase (ripresa dal IV libro del '22 scritti su quest'argomento in ben 13 anni!), e che ci sembra quanto mai attuale: "Se non è rispettata la giustizia, che cosa sono gli Stati se non delle grandi bande di ladri?".